17 set 2010

Elogio del silenzio

Anche quest'estate è caratterizzata da una miscela infernale di rumori di giorno e di notte nelle città. Non esiste requie per chi è raggiunto dai rumori più diversi. I rumori rivelano la speciale capacità di ignorare i diritti degli altri e di affermare il proprio primato con sonorità d'ogni tipo o alzando la voce nelle conversazioni e nei dibattiti. Questa nuova barbarie dimostra la frantumazione del vincolo sociale, l'incapacità d'ascolto del nostro prossimo, una tragica forma di insopportabilità del silenzio. Sta emergendo una centralità della parola che elimina gli spazi della contemplazione e della meditazione.
Il silenzio è un ornamento della parola, la nutre di significati e di sfumature. A teatro, nella musica e nella vita le pause di silenzio danno valore, forza e respiro alle parole e ai suoni. Sembra quasi si tema il silenzio, considerato rappresentazione del vuoto, della negazione della vita. Si dedica tempo infinito al cellulare per comunicare il nulla, si usa sempre più raramente la parola per un sincero dialogo con il prossimo. Eppure non esiste una vera comunicazione senza il contrappunto ed il respiro assicurati dalle pause, dal silenzio. Le parole, come la musica, necessitano di pause come di un respiro vitale.



Queste erano le parole che un lettore di Repubblica scrive ad Augias, il quale risponde:

Noi siamo un popolo mediterraneo e in questa parte del mondo il rumore è apprezzato, lo si ritiene d'istinto parte essenziale dell'esistenza. Il silenzio al contrario è scambiato per rassegnazione, mancanza di vitalità, stato di mortificazione. Il caso forse più fastidioso è lo squillare ininterrotto dei cellulari in treno. Da Roma in giù, ma spesso anche in su, la maggior parte dei ristoranti sono fabbriche di rumore tra l'acciottolio delle stoviglie e le urla degli avventori. Poi enumero a caso: apparecchi Tv ad alto volume con le finestre aperte d'estate, motorini con marmitta sfondata, concerti di clacson... Ma l'insopportabilità del silenzio è soprattutto dimostrata dai funerali. La voga abbastanza recente dell'applauso alla salma dimostra la generale incapacità di condividere un'emozione forte in un raccolto silenzio. Ci sarebbero poi le grida scomposte, gli improperi (sottolineati dai volti paonazzi) dei cosiddetti "dibattiti" televisivi, in realtà risse. Ma per questi basta il titolo del dramma shakesperiano: "Molto rumore per nulla".

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